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Lo Sviluppo dei sistemi di memoria

Dott. Edoardo Canu

Medico Chirurgo Specialista in Neurologia
Unità Valutazione Alzheimer-Neurologia
Ospedale San Francesco-Nuoro

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Giungo allora ai campi ed ai vasti quartieri della memoria dove riposano i tesori delle innumerevoli immagini di ogni sorta di cose, introdotte dalle percezioni; dove sono depositati tutti i prodotti del nostro pensiero… (SANT’AGOSTINO)1

Sant’Agostino nelle sue “Confessioni” compie un’accurata analisi introspettiva della memoria descrivendo in maniera analitica le molteplici informazioni che l’uomo è in grado di ricordare. dalle esperienze sensoriali, ai ricordi autobiografici, ai concetti astratti, alle immagini, agli aspetti logico-matematici ecc. L’autore suddivide diversi campi in cui le varie informazioni vengono immagazzinate, fornendo elementi importanti per intuire come la memoria umana, in realtà non sia un’entità singola, ma formata piuttosto da molteplici componenti.

Il metodo introspettivo, rimase per secoli l’unica modalità di studio delle funzioni mnesiche e le successive interpretazioni filosofiche e psicologiche, non aggiunsero molto alla nostra conoscenza fino agli ultimi decenni. Solo a partire dagli anni ’50 con la nascita della scienza cognitiva, la mente umana è diventata oggetto di studio sperimentale, e le diverse funzioni cognitive, compresa la memoria, sono state analizzate ed interpretate mediante modelli neuropsicologici funzionali, formulati sulla base di studi su soggetti normali o con deficit cognitivi specifici.

Il primo modello di memoria di impronta cognitivista è stato proposto nel ’68 da Atkinson e Shiffrin2 (fig.1). 


Il modello prevede che la memorizzazione dei dati avvenga mediante processi di elaborazione di tipo seriale: le informazioni provenienti dagli stimoli ambientali dopo essere state sottoposte ad una prima analisi da parte dei registri sensoriali verrebbero inviate prima ad un Magazzino a Breve Termine e successivamente trasmesse al Magazzino della Memoria a Lungo Termine dove avrebbe sede la memorizzazione permanente. Questo primo passo verso la comprensione dei processi mnesici ha definito l’idea, confermata dalle successive scoperte, che la memoria utilizzi sottosistemi funzionali e processi neurofisiologici differenti, localizzati in regioni cerebrali separate.

L’evoluzione dei sistemi di memoria.

Secondo un ottica evoluzionistica la memoria umana rappresenta il risultato del processo biologico evolutivo finalizzato all’immagazzinamento di conoscenze necessarie alla sopravvivenza.

Il processo mnesico è in tal caso da intendersi come funzione adattativa all’ambiente circostante, espressa mediante differenti modalità in base al tipo e al livello evolutivo della specie.

Così come le modificazioni biologiche scritte nel D.N.A., anche le diverse capacità sensoriali e motorie acquisite dagli esseri viventi sono memorizzate nel patrimonio genetico delle singole specie. Durante l’evoluzione i sistemi di memoria si sono progressivamente specializzati nell’acquisizione e nell’elaborazione delle informazioni ambientali, fino a raggiungere un livello altamente simbolico nell’uomo.

Il neurofisiologo J.M. Fuster3 ha proposto un modello evolutivo in cui allo sviluppo delle varie regioni della corteccia cerebrale sia filogeneticamente che ontogeneticamente corrisponde lo sviluppo di sistemi di memoria progressivamente più complessi. Ai livelli di base si riconosce la cosiddetta memoria della specie o filetica che rappresenta i meccanismi innati utilizzati per i movimenti semplici e per le percezioni sensoriali elementari: la memoria filetica ha sede nelle cortecce cerebrali sensoriali e motorie primarie che sono le strutture filogeneticamente più antiche e che nel corso dell’ontogenesi raggiungono la mielinizzazione (maturazione) per prime (fig.2).


Sulla base della memoria filetica si costruisce gradualmente la memoria individuale, con la realizzazione di atti motori e rappresentazioni sensoriali progressivamente più complesse, fino al raggiungimento dei livelli rappresentativi concettuale-semantico e di pianificazione concettuale-motoria.

Le regioni corticali deputate alla elaborazione concettuale di alto livello e alla programmazione motoria complessa sono rappresentate rispettivamente dalle aree associative temporo-parieto-occipitali e dalla corteccia frontale, tali aree che si sviluppano più tardivamente nel corso dell’evoluzione, raggiungeranno la completa maturazione nei singoli individui solo successivamente alla fanciullezza, mantenendo un’ elevata plasticità anche in età adulta.

Le basi neurofisiologiche dell’apprendimento.

Le basi filogenetiche dei processi mnesici vanno ricercate nell’unità elementare del sistema nervoso: il neurone. E’ infatti grazie alla presenza di un numero di connessioni dell’ordine di 1014 fra i neuroni del nostro cervello che si è reso possibile lo sviluppo delle nostre abilità cognitive. Possiamo considerare quindi, il neurone come l’unità mnesica primaria, che, mediante modificazioni funzionali transitorie (a breve termine) o strutturali (a lungo termine), condiziona “l’apprendimento”4.

La possibilità che l’acquisizione di nuove informazioni sia associata a modificazioni funzionali e strutturali a livello di singole unita neurali, era già stata ipotizzata da D. Hebb negli anni ’50, nell’ambito delle teorie connessionistiche sui meccanismi dell’apprendimento.

L’autore sosteneva che la coattivazione di cellule interconnesse provocasse una modificazione della connessione sinaptica, in modo tale che l’attivazione della cellula presinaptica permettesse la facilitazione della scarica della cellula postsinaptica: “Quando un assone di una cellula A è abbastanza vicino da eccitare la cellula B ovvero, ripetutamente o continuativamente, contribuisce alla scarica di questa, nelle due cellule ha luogo una qualche crescita o modificazione metabolica così che aumenti l’efficacia di A in quanto cellula che, fra le altre, fa scaricare B”5 (fig.3) .


Ma una conferma obiettiva è stata fornita da più recenti studi neuro-biologici effettuati dal neuofisiologo E. Kandel, su organismi semplici come l’Aplisia (mollusco marino con sistema nervoso centrale costituito da 20.000 neuroni).

Gli esperimenti su Aplisia hanno evidenziato come meccanismi riflessi noti, quali l’assuefazione e la sensibilizzazione, siano attuati mediante modificazioni strutturali sinaptiche.

Nel caso specifico, l’assuefazione si ottiene mediante stimolazioni tattili ripetute sul sifone dell’animale che comporta una progressiva riduzione della risposta primaria di retrazione delle branchie; mentre uno stimolo nocivo, associato alla stimolazione tattile del sifone, indurrà una sensibilizzazione con incremento delle risposte difensive. I due tipi di risposta sono direttamente conseguenti ad una variazione dei P.P.S.E. (Potenziali Postsinaptici Eccitatori) delle singole cellule nervose, con una riduzione nel primo caso e un incremento nel secondo. Le differenze di potenziale rappresentano l’epifenomeno di modificazioni sinaptiche che comportano l’attivazione di secondi messaggeri e modificazioni dell’attività dei canali ionici, con conseguente variazione della permeabilità cellulare al calcio e della liberazione di neurotrasmettitori a livello sinaptico.

Possiamo quindi ritenere che l’apprendimento si basi su modifiche della struttura nervosa a partire dal livello sinaptico, l’informazione viene pertanto “scritta” da una modifica strutturale e funzionale delle cellule.

Aspetti computazionali.

La comunicazione tra le cellule avviene mediante segnali binari (1-0: presenza o assenza di segnale) dovuti a stimoli eccitatori o inibitori, come per i moderni calcolatori elettronici, tali segnali costituiscono codici algoritmici di elaborazione utilizzati per l’esecuzione di programmi cognitivi specifici.

Arriviamo quindi al secondo livello base del processo di memorizzazione, che definiremo livello computazionale: si tratta dell’insieme di modalità mediante le quali tutti i segnali nervosi vengono interpretati, da reti neuronali variamente interconnesse ed operanti in parallelo, per la realizzazione di programmi di analisi e consolidamento delle tracce mnesiche.

La visione computazionale rappresenta l’evoluzione del principio di apprendimento proposto da D. Hebb; uno sviluppo analitico di tale approccio connessionistico si è reso possibile solo grazie all’utilizzo di sofisticati modelli matematici applicati ad unità formali con differenti livelli di connessione: le reti neurali artificiali. Il modello computazionale base di questi sistemi è rappresentato dalla rete neurale semplice costituita da singole unità di input connesse con singole unità di output. (fig.4)


Il Percettrone di F. Rosenblatt6 rappresenta il primo esempio di rete semplice, ipotizzata nel 1958, e presentata come progetto teorico nel‘63: l’ipotesi si basava su un meccanismo computazionale atto al riconoscimento fotografico di stimoli visivi, mediante il collegamento di una griglia di 400 fotocellule con unità di elaborazione afferenti ad unità finali di output.

Questo primo modello è stato sottoposto a varie critiche e revisioni, che hanno condotto all’attuale progettazione di reti neurali complesse, costituite da molteplici strati di unità di elaborazione con differente valore algoritmico, in grado di modificare autonomamente il tipo di risposta in funzione dello stimolo, di riconoscere stimoli di varia natura e funzionalmente capaci di apprendimento. Le caratteristiche delle reti neurali pur non corrispondendo esattamente a quelle delle strutture biologiche neuronali, offrono un valido apporto alla nostra conoscenza dei meccanismi mediante cui il cervello elabora i dati sensoriali e acquisisce informazioni dall’ambiente esterno.

Il Sistema del Lobo Temporale Mediale.

L’apprendimento ed il consolidamento di nuovi dati nei magazzini a lungo termine, dipendono dalla capacità di creare modificazioni strutturali e funzionali stabili: per questo è necessario che l’informazione, una volta elaborata dal punto di vista percettivo, sia introdotta in un sistema in grado di vagliarla in base alle conoscenze già acquisite e di creare nuove connessioni neurali. Questa complessa funzione è stata identificata dopo molti anni di studi clinici e neurofisiologici nel Sistema del Lobo Temporale Mediale7 (Fig.5),


costituito dall’Ippocampo, dalla Corteccia Rinale e dalle sue connessioni con le diverse aree associative corticali. Le strutture che circoscrivono il Tronco Encefalo furono inizialmente interpretate da J. Papez8 nel 1937, come i correlati anatomici del comportamento emozionale, con particolare rilievo per un circuito comprendente il Giro del Cingolo, l’Ippocampo, i Corpi Mammillari e i Nuclei Talamici anteriori. Successivamente Delay J. e Brion S.9 attribuirono al circuito di Papez e ad altre componenti sottocorticali, in particolare all’Amigdala e ai Nuclei Talamici dorso-laterali, un ruolo di primo piano per le funzioni mnesiche. L’importanza dell’Ippocampo per tali funzioni fu evidente dopo le osservazioni di Scoville e Milner nel 195710, sul paziente H.M.. Questi aveva presentato un’incapacità nell’apprendimento cosciente di nuove informazioni (Amnesia Anterograda) con risparmio delle conoscenze acquisite da tempo, in seguito all’asportazione chirurgica bilaterale delle strutture del Lobo Temporale mediale. Osservazioni successive, in particolare il caso del pz. R.B. con lesione selettiva bilaterale delle strutture dell’Ippocampo descritto da Zola-Morgan e coll. nell’8611, dimostrarono in maniera sempre più evidente il ruolo centrale del Lobo Temporale Mediale nelle fasi di apprendimento.

La sperimentazione su primati ha contribuito a chiarire più esattamente le componenti funzionali del Sistema Temporale Mediale: la Corteccia Peririnale e Paraippocampale rappresentano l’accesso preferenziale dell’input corticale al Sistema, fornendone infatti, quasi i 2/3 alla Corteccia Peririnale, la quale a sua volta è la fonte più importante di proiezioni corticali per l’Ippocampo e il Giro Dentato. Le informazioni provenienti dalle diverse aree associative corticali vengono incanalate, attraverso la Corteccia Rinale e il Giro Dentato, nel circuito dell’Ippocampo, quindi tramite il Subiculum rientrano nella Corteccia Entorinale che rinvia le informazioni alle aree associative ove sono depositate rappresentazioni modalità specifiche. La funzione di tale Sistema consiste, in ultima analisi, nella creazione di nuove associazioni tra diversi moduli corticali funzionalmente differenti, in modo da consolidare nuovi dati nell’ambito di conoscenze precedentemente acquisite. Una caratteristica fondamentale dei soggetti con lesioni del Lobo Temporale Mediale è una compromissione selettiva dell’acquisizione dei dati che possono essere richiamati volontariamente dal soggetto, con un’integrità nell’apprendimento di compiti, abilità o stimoli percettivi, non cosciente. Questo dato fondamentale per la comprensione dell’organizzazione globale dei sistemi di memoria, ha permesso di concepire l’esistenza di una componente dichiarativa della memoria o di apprendimento esplicito, ed una non dichiarativa o di apprendimento implicito.

Gli Aspetti Cognitivi della Memoria.

Sotto il profilo ontogenetico, seguendo lo schema di Fuster, possiamo notare come nel corso dello sviluppo gli individui iniziano ad acquisire conoscenze ed abilità percettivo-motorie sulla base della memoria filetica, sviluppando progressivamente livelli di conoscenza più astratti.

La maggior parte delle abilità e conoscenze che il bambino sviluppa, in una prima fase avranno caratteristiche implicite, autonome, senza alcuna consapevolezza da parte del soggetto: essendo appunto competenze sviluppatesi nel corso dell’evoluzione e scritte nel patrimonio genetico.

Queste componenti che rappresentano il substrato fondamentale per tutti i processi cognitivi possono essere classificate con un accezione più ampia come Memoria Procedurale.

Il concetto di Memoria Procedurale richiama la condizione innata di molte abilità, e comprende i classici riflessi condizionati studiati da I. Pavlov, i processi di apprendimento non condizionato, le abilità motorie, le abitudini, ma anche le procedure inconsce utilizzate nelle diverse attività cognitive come il linguaggio, il calcolo, il disegno ecc., rappresentando in tal senso la matrice funzionale dei diversi processi cognitivi sopra elencati.

La componente che viene invece comunemente considerata come Memoria è quella esplicita o dichiarativa e contiene tutte quelle informazioni che possono essere richiamate volontariamente alla coscienza, ed è un sistema di apprendimento estremamente plastico e dinamico.

Secondo la prima classificazione di Tulvig del ‘7212, la Memoria Dichiarativa può essere distinta in una componente Episodica ed una Semantica.

La Memoria Episodica si riferisce a fatti ed eventi relativi all’esperienza personale dei singoli individui con aspetti relazionali di tipo temporale, spaziale, cognitivo e affettivo, non dotati per definizione di significato convenzionale.

La Memoria Semantica, invece, è relativa alla conoscenza del mondo, si basa su codici convenzionali, validi per tutti gli individui, e in qualità di conoscenza enciclopedica non ha dei connotati temporali né affettivi: il concetto di Memoria Semantica investe quindi un dominio cognitivo dalle potenzialità pressoché infinite, mediando tutte le possibili rappresentazioni simboliche per la conoscenza formale del mondo (fig.6).


L’organizzazione strutturale del Sistema Semantico degli adulti presenta aspetti di tipo categoriale e gerarchico; nei livelli superiori sono rappresentate le sovraordinate, (es. animali, vegetali, esseri inanimati) che presentano un elevato grado di inclusività all’interno della categoria e un basso grado di distintività. Man mano che si scende nella scala gerarchica il numero di esemplari che un determinato concetto racchiude si riduce, i concetti indicheranno progressivamente esemplari più specifici.

La sovraordinata animali ad es. contiene una gran quantità di componenti ed è poco distintiva, progressivamente il concetto mammiferi sarà più specifico e ancor più lo saranno i concetti di animali domestici come i cani e i gatti, concetti che ovviamente risulteranno meno inclusivi. Scendendo ulteriormente nella gerarchia troviamo gli esemplari specifici di ogni categoria (le diverse razze degli animali sopra citati) con un aumento della specificità e una riduzione ulteriore della inclusività. Il livello base della categorizzazione è quello in cui è presente un equilibrio tra massimo grado di somiglianza all’interno della categoria e massimo contrasto tra categorie. Nel corso dell’apprendimento il livello base viene acquisito per primo, il bambino deve possedere la capacità di individuare tale livello per la rappresentazione dei concetti, e quali sono i limiti entro cui tale rappresentazione deve essere strutturata.

Le fasi iniziali dell’apprendimento sono influenzate dal tipo di input che l’adulto trasmette al bambino: è stato osservato da diversi studi come i genitori, in particolare la madre, tende ad indicare, per dirigere l’attenzione del bambino, e contemporaneamente a denominare gli oggetti del livello base (denominazione ostensiva). Si creano delle relazioni stimolo risposta che inducono il bambino a formare associazioni tra stimoli e parole, verso i 9 mesi è già in grado di eseguire semplici categorizzazioni come bambole-cubi, successivamente, verso i 2aa, inizia a sviluppare relazioni simboliche parola-concetto. Con lo sviluppo delle capacità associtative il bambino imparerà a formare le relazioni e le categorizzazioni, a codificare gli attributi di uno stimolo e successivamente le relazioni di correlazione tra i vari attributi, potendo accedere da un semplice attributo ad un concetto; in tal modo svilupperà gradualmente una struttura semantica di tipo adulto.

La categorizzazione gerarchica è solo una componente del sistema semantico in realtà studi più recenti hanno considerato non sufficiente una semplice rappresentazione in concetti singoli gerarchicamente organizzati, dal momento che la conoscenza fa riferimento a campi semantici più ampi; sono state quindi proposte rappresentazioni per schemi mentali, comprendenti diverse unità concettuali contemporaneamente nell’ambito di un singolo campo semantico.

M. Minsky13 propose nel ’75 il concetto di Frame ossia strutture di rappresentazione includenti frammenti relativi a ragionamenti, linguaggio, memoria, percezione, riferibili ad una stessa area concettuale e strettamente interconnessi; Schank e Abelson nel ’7714 proposero il concetto di Script schemi di rappresentazione, organizzati temporalmente, relativi a sequenze di eventi delle diverse attività quotidiane. Un esempio pratico di Script che riportano gli autori è uno schema generico riferito ad un pranzo in un ristorante: dovendo raccontare ad una persona di aver pranzato in un ristorante, abbiamo già in mente uno schema rappresentativo generico dell’evento (Script), ometteremo quindi molti particolari, consapevoli che l’interlocutore sa di cosa si sta parlando avendo anch’egli un proprio schema mentale Gli studi eseguiti sui bambini hanno dimostrato come a partire dai 4 aa siano già presenti degli Script semplici per alcuni eventi come il mangiare a casa, all’asilo, o in un Mc Donald; con il progredire dell’età gli Script diventano più complessi arricchendosi di maggiori dettagli. Sembra quindi che già in età precoce sia presente la capacità di organizzare schemi mnemonici per gli episodi quotidiani.15

Nel ’85 Rumelhart e Norman16 individuavano delle caratteristiche funzionali nell’ambito di tali schemi di rappresentazione: presenza di variabili, possibilità di sovrapposizione concettuale di aree differenti, rappresentazione di conoscenze e di definizioni e operatività nell’ambito di sistemi di riconoscimento attivo. Ulteriori sviluppi di tali impostazioni teoriche hanno visto la nascita di strutturazioni concettuali più ampie, con l’individuazione di aree funzionali quali piani motivazionali finalizzati, scene, Pacchetti di organizzazione mnesica (M.O.P), e punti di Organizzazione tematica (T.O.P.) (Schank’82)17.

La Memoria di Lavoro.

La graduale organizzazione dei sistemi di Memoria a lungo termine, che come abbiamo visto sono strettamente correlati con aspetti linguistici e concettuali, necessitano di meccanismi che elaborino qualsiasi tipo di informazione in modo rapido (on line), selezionando gli stimoli esterni e confrontandoli con i contenuti mnesici per poter realizzare velocemente i diversi compiti cognitivi.

Questi processi operanti a breve termine vengono inclusi nel concetto di Memoria di Lavoro o Working Memory. L’idea di una Memoria di Lavoro è stata introdotto da A. Baddeley negli anni ’8018 nell’ambito degli studi sulla Memoria a Breve Termine (M.B.T.), componente caratterizzata da un tempo di ritenzione di pochi secondi. L’autore ipotizzò che la M.B.T dovesse avvalersi della presenza di una componente statica definita magazzino o “Buffer”, ed una procedurale di elaborazione, operanti sotto il controllo di un Sistema Esecutivo Centrale (fig.7).


Baddeley individuò due tipi fondamentali di MBT: la verbale e la visuo-spaziale, rispettivamente coinvolte nelle operazioni mentali relative alle diverse componenti del linguaggio e alla percezione visivo-spaziale. La componente verbale o ciclo fonologico sarebbe costituita da un magazzino fonologico e da una componente attiva di ripasso articolatorio: l’informazione fonologica che per via uditiva raggiunge direttamente il magazzino a breve termine, rimarrebbe attiva mediante un processo di ripasso subvocale, analogo all’articolazione verbale esplicita, che impedisce il rapido decadimento della traccia. Nel caso dell’informazione linguistica visiva, lo stimolo verrebbe prima tradotto in codice fonologico e successivamente raggiungerebbe il magazzino fonologico attraverso il processo di ripasso articolatorio. Il sistema è sotto il controllo di un elaboratore di più alto livello, definito Esecutivo Centrale, che controlla le operazioni relative all’integrazione dei dati linguistici in entrata per facilitare un più rapido accesso al significato.

Il ruolo delle MBT verbale è importante per una serie di funzioni cognitive che richiedono un’elaborazione attiva transitoria con interscambio di informazione con sistemi “stabili” come ad esempio il calcolo, l apprendimento verbale uditivo e visivo.

Attualmente il concetto di Working Memory è stato riconsiderato alla luce di nuove scoperte sia in campo neurofisiologico che neuropsicologico, investendo tutti gli aspetti della cognizione. La W.M. rappresenta il sistema on-line di elaborazione di qualunque operazione mentale, permettendo a diverse informazioni di essere simultaneamente disponibili in memoria, e permettendone quindi una elaborazione cosciente (Mesulam 1999)19.

Conclusioni.

Abbiamo esaminato i vari aspetti della Memoria cercando di evidenziare le tappe evolutive principali dal punto di vista filogenetico ed ontogenetico, individuando vari livelli di elaborazione dell’informazione mnesica dal cellulare, al computazionale, al cognitivo.

La Memoria rappresenta quindi un insieme di differenti sistemi anatomo-fisiologici che utilizzano codici di elaborazione diversi e che interagiscono con tutte le altre funzioni cognitive per il loro corretto funzionamento.

BIBLIOGRAFIA

1 S.Agostino. Le Confessioni. Città Nuova Editrice, 1979

2 Atkinson, R.C. e Shiffrin, R.M. (1968). Human memory: A proposed system and its control processes. In K. W. Spence e J. T. Spence, Advances in the Psychology of Learning and Motivation, Vol 2. New York: Academic Press.

3 Fuster, M.F. (1998) Reti di Memoria. Le Scienze quaderni 101, 67-75.

4 Kandel, E.R (1991). I Meccanismi cellulari dell’apprendimento e le basi biologiche dell’individualità. In Kandel, E.R. Schwartz, J.H. e Jessel, T.M. Principles of neural science, New York, Elsevier; trad. it. Principi di Neuroscienze, Milano, Casa Editrice Ambrosiana, 1994.

5 Hebb, D.O.( 1949). Organization of Behaviour: A neuropsychological approach, New York, Wiley; trad. it. L’organizzazione del comportamento. Una teoria neuropsicologica, Milano, Angeli, 1975.

6 Rosenblatt, F. (1961). Principles of neurodynamics: Perceptrons and Theory of Brain Mechanisms, Washington, DC, Spartan Books.

7 Squire, L.R and Zola-Morgan, S.: The medial temporal lobe memory system. Science 235:1380-86,1991.

8 Papez, J.W.: A proposed mechanism of emotion. Archives of Neurolology and Psychiatry 38:725-743,1937.

9 Delay, J. e Brion, S: La Syndrome de Korsakoff. Paris, Masson,1969.

10 W.B. Scoville, Milner, B: Loss of recent memory after bilateral Hippocampal lesion. Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry. 20:11-21,1957.

11 Zola-Morgan, S. e coll.: Lesion of perirhinal and parahippocampal cortex that spare the amigdala and hippocampal formation produce severe memory impairment. Journal of Neuroscience 9: 4355-4370,1989.

12 Tulvig, E. (1972). Episodic And Semantic Memory. In E. Tulvig e W. Donaldson, Organization of memory. New York: Academic Press.

13 Minsky, M.L. (1975). A framework for representing knowledge. In P.H. Winston (Ed.) The psychology of computer vision, pp 211-277. New-York, Mc Grow Hill. 1975.

14

15 McShane, J. (1991). Cognitive Development. An Information Processing Approach, Oxford Blackwell; trad. it. Lo Sviluppo Cognitivo, Bologna, Il Mulino,1994.

16 Rumelhart, D.E., Norman, D.A.(1985).Rapresentation of knowlege. In A.M. Aitkenhead & J.M. Slack (Ed.), Issues in cognitive modelling, pp. 15-16. London: Lawrence Erlbaum Associates Ltd..

17 Schank,R.C. (1982) Dynamic Memory. New York, Cambridge University Press..

18 Baddeley, A. (1990). Human Memory. Theory and Pratice, Hove, Lawrence Erlbaum associates Ltd.; trad. it. La Memoria Umana. Teoria e pratica, Bologna, Il Mulino 1992.

19 Mesulam, M.M. (1998). From sensation to cognition. Brain 121: 1013-1052