| LA 
                                    TEORIA Dott.ssa 
                                    Claudia IannottaStudio di Psicologia e Neuropsicologia 
                                    - Torino
 _CLOAKING
 La neuropsicologia 
                                    cognitiva studia le prestazioni cognitive 
                                    negli individui che hanno subito una lesione 
                                    cerebrale, cercando di capire quali aspetti 
                                    dell’attività cognitiva sono intatti 
                                    o danneggiati e cercando di trarre conclusioni 
                                    sui processi cognitivi normali.Tali informazioni possono essere utili in 
                                    quanto i risultati ottenuti da soggetti con 
                                    deficit cerebrali nei compiti cognitivi possono 
                                    essere spiegati da teorie che appartengono 
                                    alla psicologia cognitiva. Diventa così 
                                    possibile utilizzare le informazioni tratte 
                                    dal comportamento dei pazienti con lesioni 
                                    cerebrali per confutare le teorie proposte 
                                    dagli psicologi cognitivi e proporre nuove 
                                    teorie del funzionamento cognitivo normale.
 Le origini 
                                    della neuropsicologia cognitiva.
 La psicologia cognitiva e la scienza cognitiva, 
                                    costituiscono un programma unificante per 
                                    lo studio della mente.
 Un modo per capire la psicologia cognitiva 
                                    contemporanea è considerarla nel suo 
                                    contesto storico. Ci sono stati cambiamenti 
                                    sostanziali nella psicologia nel corso di 
                                    questo secolo, cambiamenti che sono legati 
                                    a mutamenti nel modo di concepire la scienza.
 La visione fondamentale della scienza si fonda 
                                    su tre assunti centrali:
 1) la scienza è oggettiva;
 2) lo scienziato deve registrare i fatti sulla 
                                    natura attraverso l’osservazione e la 
                                    sperimentazione;
 3) la conoscenza scientifica è il risultato 
                                    dell’amalgama di questi fatti in generalizzazioni 
                                    tipo leggi.
 Tuttavia, se questo approccio può sembrare 
                                    applicabile alle scienze fisiche, lascia scoperte 
                                    molte altre scienze come la psicologia o la 
                                    sociologia, almeno fino all’avvento del 
                                    comportamentismo, uno dei genitori della psicologia 
                                    cognitiva.
 
 - Il comportamentismo è stato 
                                    influenzato da una versione estrema della 
                                    tradizionale visione della scienza chiamata 
                                    positivismo logico. Quest’ultimo sosteneva 
                                    che le teorie potessero essere giustificate 
                                    solo attraverso un appello ai fatti osservati 
                                    e che i costrutti teorici fossero significativi 
                                    solo se erano osservabili. Questa impostazione 
                                    generale è stata resa concreta da comportamentisti 
                                    quali Watson e Skinner, che hanno costruito 
                                    una “psicologia scientifica” ammettendo 
                                    solo le entità osservabili e rifiutando 
                                    l’uso dei costrutti mentali ipotetici. 
                                    L’enfasi era posta sulla relazione tra 
                                    gli stimoli osservabili (aspetti della situazione) 
                                    e le risposte osservate (aspetti del comportamento 
                                    dell’organismo).
 Il paradigma comportamentista prevede uno 
                                    stimolo che passa attraverso una black box 
                                    e dà origine ad una risposta [S-->(BB)-->R]. 
                                    Solo i fisiologi possono occuparsi della black 
                                    box, mentre gli psicologi si devono occupare 
                                    solo dei dati osservabili.
 Il comportamentismo ha fallito il tentativo 
                                    di soddisfare le aspettative e di essere una 
                                    soddisfacente scienza dell’attività 
                                    cognitiva umana; è ovvio che focalizzarsi 
                                    esclusivamente sullo stimolo osservabile e 
                                    sulla relativa risposta è del tutto 
                                    non informativo per comprendere ciò 
                                    che è effettivamente l’oggetto 
                                    dell’interesse (es. i processi di pensiero 
                                    e le strategie implicate nella soluzione del 
                                    problema).
 Questi limiti del comportamentismo hanno portato 
                                    alla controrivoluzione della psicologia cognitiva.
 
 - La psicologia cognitiva. Con la psicologia 
                                    cognitiva nasce il paradigma che prevede lo 
                                    stimolo, il costrutto ipotetico e la risposta 
                                    [S-->(HC)-->R). Tra i costrutti ipotetici 
                                    ricordiamo: lo “schema mentale” 
                                    di Bartlett, cioè la collocazione o 
                                    setting organizzata di precedenti eperienze 
                                    e reazioni (non si tratta di una collezione 
                                    di immagini mentali, ma di una ricostruzione 
                                    dell’esperienza passata che ci permette 
                                    di reagire a nuove situazioni) e le “mappe 
                                    cognitive” di Tolman, cioè rappresentazioni 
                                    spaziali (ad es. del punto in cui si trova 
                                    il cibo di un ratto all’interno di in 
                                    un labirinto).
 Dopo la seconda guerra mondiale si è 
                                    sviluppata la corrente della psicologia dell’elaborazione 
                                    dell’informazione.
 
 - La psicologia dell’elaborazione 
                                    dell’informazione immaginò 
                                    la mente come un meccanismo simile a congegni 
                                    di trasmissione. Si postulò che l’informazione 
                                    venisse filtrata, selezionata, raggruppata, 
                                    etc...Brodbent fu un rappresentante di questa 
                                    corrente che si sviluppò in Inghilterra. 
                                    Il paradigma viene così modificato: 
                                    [S-->(INFORMATION PROCESSING)-->R].
 
 -In USA si utilizzò la metafora 
                                    del computer : la mente non è altro 
                                    che il software del computer che abbiamo in 
                                    testa (nella nostra testa ci sono rappresentazioni 
                                    cognitive della realtà esterna e programmi 
                                    che operano su queste rappresentazioni). Il 
                                    paradigma utilizzato è il seguente: 
                                    [S-->SOFTWARE (rappresentazioni mentali)-->R].
 In questo modo sono arrivati nella black box 
                                    i concetti mentalistici, ma si ignorano ancora 
                                    le basi neurali dell’attività 
                                    mentale.
 Nasce così la neuropsicologia, che 
                                    insieme alla fisiologia si occupa della relazione 
                                    tra substrato neurale e attività mentale.
 
 - Secondo la neuropsicologia cognitivista 
                                    nella scatola cranica si distingue un hardware 
                                    (sistema nervoso) e un software (mente) innato, 
                                    determinato geneticamente, plastico, che interagisce 
                                    con l’ambiente. Il paradigma diviene 
                                    il seguente: [S-->(SOFTWARE+HARDWARE)-->R]. 
                                    Questo paradigma non è del tutto adeguato 
                                    perchè il sistema nervoso è 
                                    plastico, computer no; inoltre al computer 
                                    vengono dati programmi già creati, 
                                    il sistema nervoso se li crea da solo tramite 
                                    l’esperienza. Il sistema nervoso ha sia 
                                    processi infracognitivi (bottom up), dove 
                                    non vi è l’influenza dei processi 
                                    mentali (es. illusioni), sia processi cognitivi 
                                    (top down).
 
 Il riconoscimento da parte di uno dei maggiori 
                                    comportamentisti (Tolman) che l’apprendimento, 
                                    anche nei ratti, può essere compreso 
                                    solo facendo riferimento a strutture interne 
                                    e a processi, piuttosto che a risposte motorie, 
                                    è stata una delle tappe più 
                                    importanti nella storia della psicologia cognitiva. 
                                    Un’altra influenza principale sullo sviluppo 
                                    della psicologia contemporanea è la 
                                    ricerca condotta dai neuropsicologi del XIX 
                                    sec.; essi cercavano di spiegare i vari tipi 
                                    di deficit delle capacità linguistiche 
                                    in soggetti con lesioni cerebrali, ipotizzando 
                                    danni a specifiche componenti per l’elaborazione 
                                    del linguaggio. Essi cercarono, inoltre, di 
                                    identificare le parti del cervello in cui 
                                    queste componenti erano localizzate.
 Nonostante l’importanza dei primi lavori 
                                    di James (memoria primaria e memoria secondaria, 
                                    1890), di Tolman (mappa cognitiva, 1932), 
                                    degli psicologi del XIX secolo e di altri, 
                                    è dunque solo nel corso degli anni 
                                    ‘50 che la psicologia cognitiva è 
                                    riuscita effettivamente ad affermarsi.
 Nel 1958 Broadbent ebbe l’importante 
                                    intuizione che si sarebbe potuto iniziare 
                                    a comprendere meglio fenomeni quali la percezione, 
                                    l’attenzione, la memoria a breve termine, 
                                    costruendo una teoria basata sull’elaborazione 
                                    delle informazioni che descrivesse il flusso 
                                    di informazioni attraverso un sistema cognitivo 
                                    unitario (la percezione, l’attenzione, 
                                    la memoria non sarebbero sistemi separati).
 L’avvento dei computer digitali è 
                                    stato un altro fattore che ha influenzato 
                                    il formarsi della psicologia cognitiva. Il 
                                    computer era la metafora utilizzata per spiegare 
                                    il funzionamento della mente: come il calcolatore, 
                                    l’uomo era visto come un elaboratore 
                                    di informazioni. Il calcolatore diviene metafora 
                                    del pensiero umano; le teorie vengono espresse 
                                    sottoforma di modelli computazionali.
 Dagli anni ‘60 ai ‘70 era di moda 
                                    seguire Broadbent, nel considerare gran parte 
                                    delle attività cognitive come una sequenza 
                                    seriale di stadi di elaborazione (stimolo-->processi 
                                    attenzionali-->trasferimento dei prodotti 
                                    dell’elaborazione percettiva iniziale 
                                    nella memoria a breve termine-->processi 
                                    di ripetizione-->memoria a lungo termine). 
                                    In questo modo era possibile seguire il cammino 
                                    dello stimolo in ingresso a partire dagli 
                                    organi di senso fino alla memoria a lungo 
                                    termine (M.L.T.). Limite di questo approccio 
                                    teorico era quello di non permettere facilmente 
                                    di spiegare alcune fondamentali attività 
                                    cognitive quali il pensiero o la soluzione 
                                    di problemi. Il modello a stadi sequenziali 
                                    è una ipersemplificazione troppo grossolana: 
                                    in realtà l’elaborazine è 
                                    chiaramente condizionata dalla natura degli 
                                    stimoli presentati, dall’esperienza passata 
                                    dell’individuo, dalle sue aspettative 
                                    etc... Il modello a stadi sequenziali affronta 
                                    quasi esclusivamente l’elaborazione bottom-up 
                                    o guidata dai dati in ingresso e il suo fallimento 
                                    nel trattare l’elaborazione top-down 
                                    (processi guidati dai concetti, dall’alto 
                                    al basso), è la sua unica maggiore 
                                    inadeguatezza.
 Verso la fine degli anni ‘70 alcuni teorici 
                                    tra cui Neisser (1976), iniziarono a sostenere 
                                    che l’attività cognitiva è 
                                    costituita da processi interattivi che si 
                                    svolgono contemporaneamente, sia guidati dai 
                                    dati (bottom-up), che guidati dai concetti 
                                    (top-down). Questo sembra essere vero, in 
                                    linea di principio, per tutti i processi cognitivi.
 Alla fine degli anni ‘70 tutti gli psicologi 
                                    cognitivi, in generale, erano d’accordo 
                                    sul fatto che il paradigma dell’elaborazione 
                                    di informazioni fosse il modo più adeguato 
                                    per studiare l’attività cognitiva 
                                    umana. In realtà questo approccio tende 
                                    ad essere piuttosto limitato perchè 
                                    il sistema cognitivo viene considerato in 
                                    modo isolato rispetto alle influenze degli 
                                    aspetti motivazionali ed emozionali ed anche 
                                    perchè molto spesso le differenze individuali 
                                    nel funzionamento cognitivo vengono ignorate.
 Attualmente, la maggior parte dei ricercatori 
                                    che lavorano nel campo della psicologia cognitiva, 
                                    aderiscono, ancora oggi, ai principi generali 
                                    dell’approccio dell’elaborazione 
                                    delle informazioni. Ciò nonostante, 
                                    il quadro attuale della disciplina è 
                                    di notevole diversità sia negli scopi 
                                    che negli approcci.
 
 Centro di 
                                    Psicologia e NeuropsicologiaVia Borgone, 57 - 10139 Torino
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