| 1) METODI COMPORTAMENTALI.
 Con l’adozione del metodo sperimentale 
                                    in neuropsicologia, si è posto il problema 
                                    di realizzare condizioni di ricerca in cui 
                                    siano definiti con precisione i parametri 
                                    di presentazione degli stimoli e le modalità 
                                    di registrazione e analisi dei dati.
 Questo tipo di impostazione ha permesso di 
                                    confrontare la prestazione di pazienti cerebrolesi 
                                    con quella di soggetti normali.
 In neuropsicologia è stata usata una 
                                    grande varietà di stimoli, diversi 
                                    per modalità sensoriale e per complessità.
 L’introduzione del computer ha consentito 
                                    di realizzare delle sequenze standard di stimolazione 
                                    facilmente riproducibili (questo facilita 
                                    la replicabilità degli esperimenti 
                                    in laboratori diversi).
 
 Si possono distinguere due grandi categorie 
                                    di stimoli:
 - con senso e
 - senza senso.
 
 Queste due categorie possono essere differenziate 
                                    principalmente in stimoli:
 - visivi e
 - uditivi.
 
 a)- Stimoli visivi senza senso.
 Reticoli, forme casuali, figure irregolari, 
                                    ecc..., sono stati usati per studiare l’elaborazione 
                                    dell’informazione visiva indipendentemente 
                                    dalla capacità di verbalizzazione e 
                                    attribuzione di significato.
 
 b)- Stimoli visivi con senso.
 Disegni di oggetti, facce, ecc..., sono stati 
                                    impiegati spesso per studiare i relativi processi 
                                    di elaborazione e la dissociazione tra capacità 
                                    di verbalizzazione dello stimolo visivo e 
                                    capacità di riconoscimento del suo 
                                    significato, ad esempio nei casi di “cervello 
                                    diviso”.
 
 Gli stimoli facenti parte di questa categoria 
                                    sono:
 - Reticoli e Scacchiere.
 Sono molto adatti per valutare l’integrità 
                                    dei processi visivi di base.
 - Forme casuali.
 Sono state impiegate in studi con presentazione 
                                    tachistoscopica lateralizzata e sono spesso 
                                    usate anche per ricerche su pazienti cerebrolesi.
 - Figure.
 Utilizzate per lo studio di disturbi di percezione 
                                    e riconoscimento e nelle ricerche sui deficit 
                                    di categorizzazione semantica in pazienti 
                                    cerebrolesi e sul problema della selettività 
                                    di tali deficit per stimoli che rappresentano 
                                    oggetti animati e inanimati.
 - Figure frammentate.
 Sono figure cui sono stati tolti dei frammenti 
                                    rendendole difficilmente identificabili.
 Varie ricerche sulla prestazione di pazienti 
                                    con lesioni unilaterali in compiti di riconoscimento 
                                    visivo, sono state svolte ricorrendo alle 
                                    figure di Street (1931) o Gollin (1961).
 - Facce.
 Utilizzate per studiare la specializzazione 
                                    emisferica per l’identificazione delle 
                                    facce; sono stati usati volti anonimi e familiari.
 Spesso la prestazione nell’elaborazione 
                                    delle facce è stata confrontata con 
                                    la prestazione nell’elaborazione di materiale 
                                    verbale e le differenze sono state interpretate 
                                    in relazione ai vari modelli della specializzazione 
                                    emisferica. Talvolta la prestazione nel riconoscimento 
                                    di facce di pazienti prosopagnosici è 
                                    stata confrontata con la percezione a stimoli 
                                    elementari come i reticoli, per verificare 
                                    la specificità del deficit in relazione 
                                    alla sede della lesione. Per le ricerche sul 
                                    riconoscimento delle espressioni facciali 
                                    delle emozioni sono state preparate serie 
                                    speciali con facce che esprimono stati emozionali 
                                    diversi.
 - Figure chimeriche;
 Utilizzate per studiare la percezione in pazienti 
                                    con sezione delle commessure callosali; vengono 
                                    utilizzati una varietà di stimoli (animali, 
                                    fiori, facce, ...).
 Gli stimoli chimerici possono essere presentati 
                                    mediante tachistoscopio al centro del campo 
                                    visivo, in modo tale che ciascuna delle due 
                                    parti stimoli un solo emicampo.
 Nei pazienti con “cervello diviso”, 
                                    la figura indicata è generalmente quella 
                                    la cui metà è stata presentata 
                                    nell’emicampo sinistro (emisfero destro) 
                                    se la risposta era effettuata usando la mano, 
                                    o nell’emicampo destro (emisfero sinistro) 
                                    se la risposta è verbale; sono utilizzate 
                                    anche per studiare la sindrome di neglet unilaterale.
 - Stimoli verbali.
 Gli stimoli verbali presentati nella modalità 
                                    visiva, includono lettere, sillabe, parole, 
                                    frasi. Sono utilizzate nei compiti di decisione 
                                    lessicale in cui i soggetti devono decidere 
                                    se lo stimolo loro presentato è una 
                                    parola oppure no.
 Allo scopo di studiare i processi di decodificazione 
                                    e memorizzazione di materiale verbale privo 
                                    di significato, sono stati condotti esperimenti 
                                    in cui i soggetti dovevano apprendere e memorizzare 
                                    parole senza senso, con diverso grado di pronunciabilità.
 
 c) - Stimoli uditivi.
 Toni, parole, testi, suoni, melodie ecc...
 
 Nelle ricerche sperimentali sui disturbi dell’elaborazione 
                                    dell’informazione uditiva e in particolare 
                                    verbale, gli stimoli uditivi più usati 
                                    sono stati i seguenti:
 - liste di numeri e parole.
 - Sillabe (consonante-vocale).
 Sillabe in cui cambia solo la consonante, 
                                    trasmesse in coppia una ad un orecchio ed 
                                    una nell’altro. Questo tipo di stimoli 
                                    riduce gli effetti di memoria e analisi semantica 
                                    rispetto ai numeri e alle parole e consente 
                                    di studiare più rapidamente la competenza 
                                    fonologica dei due emisferi.
 - Parole monosillabiche (consonante-vocale-consonante).
 Parole simili eccetto che per la lettera iniziale, 
                                    trasmesse all’orecchio destro e sinistro 
                                    separatamente.
 - Stimoli musicali (corde, melodie).
 - Suoni ambientali (ticchettio dell’orologio, 
                                    telefono che squilla).
 In neuropsicologia la presentazione degli 
                                    stimoli uditivi è stata effettuata 
                                    generalmente mediante la tecnica dell’ascolto 
                                    dicotico, tecnica sviluppata dapprima per 
                                    studiare l’attenzione selettiva ed è 
                                    divenuta gradualmente uno strumento molto 
                                    diffuso per determinare la specializzazione 
                                    funzionale emisferica.
 
 2) METODI DI BIOIMMAGINE.
 
 Metodiche di neuroradiologia e medicina nucleare.
 
 a) Tecniche di correlazione anatomo-clinica.
 Dagli anni ‘70 in poi si è realizzata 
                                    una vera e propria rivalutazione nel campo 
                                    della diagnosi in vivo della localizzazione 
                                    cerebrale delle lesioni grazie allo sviluppo 
                                    delle tecniche di bioimmagine.
 
 - T.A.C. (Tomografia Assiale Computerizzata).
 Le immagini che si ottengono forniscono informazioni 
                                    in vivo sulle strutture cerebrali e sono relativamente 
                                    semplici da interpretare per uno specialista. 
                                    Questa tecnica permette di valutare la densità 
                                    dei vari tessuti cerebrali tramite misurazioni 
                                    dei valori di assorbimento di un fascio di 
                                    raggi x. Questi valori vengono tradotti da 
                                    un computer in diverse tonalità di 
                                    grigio a seconda dell’assorbimento del 
                                    tessuto studiato.
 
 - R.M.N. (Risonanza Magnetica Nucleare).
 Si basa sull’uso di apparecchiature in 
                                    grado di generare campi magnetici di intensità 
                                    variabile. La risoluzione delle immagini che 
                                    si ottengono con la RMN è superiore 
                                    rispetto a quelle che si ottengono alla TAC. 
                                    Il paziente, a differenza della TAC, non viene 
                                    sottoposto a dosi consistenti di radiazioni 
                                    ionizzanti.
 
 Sia la TAC che la RMN, forniscono un’immagine 
                                    strutturale e non funzionale del cervello. 
                                    Questo significa che in presenza di una lesione, 
                                    ciò che viene visualizzato, si riferisce 
                                    all’alterazione della struttura macroscopica 
                                    del cervello, senza alcun riferimento alle 
                                    eventuali alterazioni funzionali che la lesione 
                                    può provocare. Nonostante il limite 
                                    legato all’impossibilità di svelare 
                                    deficit funzionali secondari alla lesione 
                                    primaria, TAC e RMN costituiscono ancora un 
                                    importante strumento sia di indagine clinica 
                                    che di ricerca.
 
 b)Metodi funzionali.
 Si basano sul principio secondo cui la quantità 
                                    di sangue che irrora un dato tessuto e il 
                                    metabolismo, dipendono dall’attività 
                                    svolta da quel tessuto. Quanto maggiore è 
                                    l’attività funzionale di un tessuto 
                                    cerebrale, tanto maggiore sarà il suo 
                                    metabolismo e conseguentemente l’apporto 
                                    di sangue a quel tessuto. Si sono sviluppate 
                                    diverse tecniche di misurazione del flusso 
                                    sanguigno e del metabolismo cerebrale:
 
 - C.B.F. (Cerebral Blood Flow).
 Misura del flusso sanguigno. Essa consiste 
                                    nell’iniettare un isotopo radioattivo, 
                                    lo xeno 133, nel circolo cerebrale e nel misurarne 
                                    la distribuzione nel cervello. In questo modo 
                                    è possibile valutare le variazioni 
                                    di concentrazione del tracciante nel tempo 
                                    e conseguentemente la sua distribuzione a 
                                    livello delle diverse regioni cerebrali. Il 
                                    tracciante può essere iniettato per 
                                    via intracarotidea.
 Limiti: metodo invasivo che limita l’uso 
                                    della tecnica a pazienti che per motivi medico-diagnostici 
                                    devono essere sottoposti ad angiografia. Inoltre 
                                    ha lo svantaggio di limitarsi allo studio 
                                    di un solo emisfero cerebrale. Questi svantaggi 
                                    possono essere eliminati somministrando il 
                                    tracciante per via inalatoria o endovenosa.
 Merito: ha evidenziato, attraverso le correlazioni 
                                    con le immagini morfologiche ottenute alla 
                                    TAC, che le aree di alterata perfusione, sono 
                                    spesso più ampie rispetto alla lesione 
                                    strutturale. Con questo metodo è possibile 
                                    misurare un aumento di perfusione in specifiche 
                                    aree cerebrali correlate al compito in questione. 
                                    Gli studi di perfusione hanno dato un contributo 
                                    fondamentale alla ricerca neuropsicologica 
                                    poichè per la prima volta, attraverso 
                                    di essi, è stato possibile evidenziare 
                                    come l’esecuzione di un compito cognitivo 
                                    non sia legato all’attivazione di un’unica 
                                    regione corticale, bensì al funzionamento 
                                    di una rete di aree interconnesse.
 
 - SPECT (Tomografia a emissioni di singoli 
                                    fotoni).
 Attraverso la tecnica della tomografia computerizzata 
                                    ad emissione, si può determinare la 
                                    distribuzione di un tracciante radioattivo 
                                    in un tessuto e ricavarne informazioni sia 
                                    di tipo morfologico che funzionale. Con la 
                                    tecnica SPECT, in cui si utilizzano isotopi 
                                    ad emissione di raggi gamma (fotoni singoli), 
                                    si possono condurre degli studi di flusso 
                                    ematico cerebrale. Con la SPECT è possibile 
                                    evidenziare diminuzione di perfusione nelle 
                                    regioni cerebrali, anche in casi in cui alla 
                                    TAC non si evidenzino alterazioni significative.
 
 - PET (Tomografia ad Emissione di Positroni).
 Le misure di flusso ematico cerebrale, si 
                                    basano sull’assunzione che l’aumentata 
                                    attività di un tessuto, determina un 
                                    incremento del suo metabolismo e conseguentemente 
                                    un aumentato apporto di sangue. Il flusso 
                                    ematico cerebrale, costituisce quindi una 
                                    misura relativamente indiretta dell’attività 
                                    del tessuto. La tomografia ad emissione di 
                                    positroni, offre l’indubbio vantaggio 
                                    di poter studiare in modo più diretto, 
                                    lo stato funzionale dell’encefalo, attrverso 
                                    lo studio del suo metabolismo. Nella maggior 
                                    parte degli studi PET, viene studiato il metabolismo 
                                    del glucosio, che rappresenta l’unica 
                                    fonte di energia per le cellule nervose. L’accumulo 
                                    del tracciante FDG, è proporzionale 
                                    alla quantità di glucosio utilizzato. 
                                    Maggiore è l’attività metabolica 
                                    di una data area cerebrale, maggiori saranno 
                                    il consumo di glucosio e quindi la quantità 
                                    di FDG incorporato, maggiore sarà la 
                                    quantità di radiazioni gamma emesse 
                                    da quella specifica area. L’FDG è 
                                    marcato con una sostanza radioattiva (la fluorina 
                                    18). L’isotopo radioattivo della fluorina, 
                                    decadendo, emette positroni che, interagendo 
                                    con gli elettroni, emettono raggi gamma che 
                                    possono essere registrati da un sensore. L’accumulo 
                                    di FDG è proporzionale alla quantità 
                                    di glucosio utilizzato. Un computer ricostruisce 
                                    poi immagini colorate dell’attività 
                                    metabolica del cervello sulla base della distribuzione 
                                    dei raggi gamma. E’ possibile misurare 
                                    anche il flusso sanguigno usando un isotopo 
                                    marcato dell’ossigeno (O15) e studiando 
                                    quindi la distribuzione dell’O nei tessuti. 
                                    Attraverso la PET, si definiscono le aree 
                                    cerebrali anomale, ipofunzionanti, per mettere 
                                    in relazione l’immagine ottenuta al dato 
                                    comportamentale-neuropsicologico. Molti studi 
                                    PET hanno dimostrato che l’area di ridotto 
                                    metabolismo è solitamente più 
                                    vasta dell’area di lesione strutturale 
                                    evidenziata dalla TAC.
 
 3) METODI ELETTROFISIOLOGICI.
 
 Le caratteristiche principali dell’indagine 
                                    psicofisiologica sono tre:
 
 - l’impostazione correlazionale per cui 
                                    a stati e fenomeni psichici sono correlate 
                                    variazioni degli indici psicofisiologici. 
                                    La correlazione è studiata tra i dati 
                                    comportamentali (risposte verbali, prestazioni 
                                    ad un test, tempi di reazione, ecc...) e quelli 
                                    fisiologici (attività cardiaca, elettrodermica, 
                                    EEG, PE, ecc...), che sono entrambi attività 
                                    “manifeste” osservabili e registrabili 
                                    dall’esterno. Dagli anni ‘70, seguendo 
                                    un’impostazione cognitivistica, si sono 
                                    utilizzati i dati elettrofisiologici come 
                                    strumento per conoscere i processi interni 
                                    di elaborazione che precedono la risposta 
                                    comportamentale.
 
 - Tendenza a registrare simultaneamente vari 
                                    indici fisiologici in relazione ad un singolo 
                                    fenomeno psichico, per caratterizzarlo nell’insieme 
                                    dei suoi correlati elettrici cerebrali, neurovegetativi 
                                    e muscolari.
 
 - L’indagine psicofisiologica è 
                                    stata svolta generalmente su soggetti sani 
                                    e, in misura molto minore, su soggetti affetti 
                                    da disturbi psichiatrici e neurologici.
 
 Nel considerare l’impiego dei metodi 
                                    elettrfisiologici in neuropsicologia, dobbiamo 
                                    tenere conto delle differenze tra la tradizionale 
                                    impostazione psicofisiologica sopra sintetizzata, 
                                    e l’impostazione neuropsicologica. La 
                                    neuropsicologia si è dedicata allo 
                                    studio della “scatola nera”, che 
                                    la psicofisiologia aveva ignorato fino agli 
                                    anni ‘60, limitandosi ad indagare le 
                                    manifestazioni esterne. La neuropsicologia 
                                    ha quindi privilegiato lo studio del S.N.C. 
                                    rispetto ai sistemi neurovegetativo e muscolare. 
                                    Inoltre, i soggetti studiati, sono prevalentemente 
                                    soggetti cerebrolesi, quindi non sani, come 
                                    quelli studiati dalla psicofisiologia. Queste 
                                    differenze di impostazione tra psicofisiologia 
                                    e neuropsicologia, hanno probabilmente ostacolato 
                                    l’applicazione delle tecniche elettrofisiologiche 
                                    allo studio dei processi psichici in pazienti 
                                    con lesioni cerebrali. Molte ricerche pubblicate, 
                                    mostrano invece l’utilità di affiancare 
                                    gli studi elettrofisiologici allo studio neuropsicologico 
                                    dei pazienti. Potrebbe risultare interessante 
                                    l’integrazione sistematica dei dati elettrfisiologici 
                                    con i dati forniti dalle nuove tecniche di 
                                    immagine; il numero di ricerche in cui i pazienti 
                                    sono studiati sotto il profilo neuropsicologico, 
                                    elettrofisiologico ed anatomo-funzionale, 
                                    è in crescita.
 
 Gli indici elettrofisiologici di maggiore 
                                    interesse nell’indagine neuropsicologica, 
                                    possono essere classificati in relazione a 
                                    tre aree principali:
 
 a) funzioni del sistema neurovegetativo:
 
 - attività elettrica cutanea.
 E’ connessa con l’attivitàdelle 
                                    ghiandole sudoripare, riccamente innervate 
                                    da fibre del sistema nervoso simpatico. I 
                                    ricercatori interpretano l’attività 
                                    elettrodermica come un indice di livello di 
                                    attivazione (arousal) o di reazione emotiva 
                                    dell’organismo, poichè potrebbe 
                                    offrire un indice di risposte emozionali inconsce. 
                                    Pazienti che hanno subito un trauma cranico, 
                                    mostrano risposte di conduttanza cutanea più 
                                    piccole dei controlli, in compiti cognitivi 
                                    e in vari compiti di attivazione.
 
 - Attività cardiaca (E.C.G.).
 L’attività cardiaca è stata 
                                    studiata in relazione alle variazioni dei 
                                    livelli di attivazione, alle prestazioni motorie, 
                                    all’apprendimento, alla percezione e 
                                    ai processi cognitivi, oltre che agli stati 
                                    emozionali e nelle situazioni di stress. Lo 
                                    studio delle variazioni della frequenza cardiaca 
                                    è quasi sempre associato alla misura 
                                    di altri indici psicofisiologici e talvolta 
                                    anche a misure comportamentali.
 
 b)Funzioni dell’occhio.
 
 - attività elettrica della retina 
                                    (E.R.G. o elettroretinogramma).
 E’ usato in clinica oculistica per valutare 
                                    la funzionalità della retina.
 
 - Movimenti oculari (E.O.G. o elettro-oculogramma).
 I movimenti oculari riflettono nel soggetto 
                                    normale le operazioni di esplorazione del 
                                    campo visivo, le aspettative, i processi cognitivi 
                                    in atto, le strategie usate.
 
 c) Funzioni del cervello.
 
 - Elettroencefalogramma (E.E.G.).
 E’ la registrazione grafica nel tempo 
                                    delle variazioni di potenziale elettrico generate 
                                    da milioni di neuroni nel cervello; riflette 
                                    l’attività globale del cervello 
                                    o di aree cerebrali estese ed è quindi 
                                    un indice generale del livello di attivazione 
                                    del soggeto. L’ E.E.G. è stato 
                                    impiegato anche per studiare l’asimmetria 
                                    funzionale dei due emisferi. L’attivazione 
                                    prevalente di uno dei due emisferi indicherebbe 
                                    che esso è impegnato nel processo cognitivo 
                                    in atto (verbale o visuo-spaziale) per cui 
                                    è specializzato. L’ E.E.G. può 
                                    essere effettuato con il brain mapping (mappaggio 
                                    cerebrale) che è l’analisi topografica 
                                    dell’ E.E.G. (o anche dei P.E.); crea 
                                    una mappa della distribuzione spaziale dell’attività 
                                    (generalmente punti allo stesso livello di 
                                    voltaggio sono rappresentati nelle mappe con 
                                    lo stesso colore) e, in alcuni casi, la confronta 
                                    statisticamente con dati normativi. Le mappe 
                                    dell’attività cerebrale sono state 
                                    usate anche allo scopo di localizzare le funzioni 
                                    corticali.
 
 - Potenziali evocati (P.E.).
 La registrazione dei P.E. consiste nella registrazione 
                                    dell’E.E.G. con alcune modifiche. Il 
                                    potenziale evocato da un certo stimolo è 
                                    l’attività elettrica che si registra 
                                    in concomitanza alla stimolazione e al compito 
                                    somministrato al soggetto. I P.E. sono una 
                                    media delle variazioni di potenziale elettrico 
                                    generate nel cervello e captate dagli elettrodi 
                                    in concomitanza con la presentazione di uno 
                                    stimolo. I P.E. dipendono dalle caratteristiche 
                                    fisiche dello stimolo, ma possono dipendere 
                                    anche dai compiti che il soggetto deve eseguire. 
                                    Barret (1993) distingue fra potenziali evocati 
                                    sensoriali (visivi e acustici) e potenziali 
                                    evocati cognitivi generati dai processi psicologici 
                                    (riconoscimento, attenzione, ecc ...) associati 
                                    all’elaborazione dello stimolo.
 I P.E. possono indicare anormalità 
                                    funzionali in assenza di evidenti danni anatomici. 
                                    in caso di disturbi neuropsicologici in cui 
                                    non sono accertati danni cerebrali. I P.E. 
                                    possono essere uditivi, visivi, somatosensoriali, 
                                    cognitivi (intorno ai 300 msec compare un’onda 
                                    positiva che è stata studiata nella 
                                    maggior parte delle ricerche sui P.E. in relazione 
                                    ai processi cognitivi).
 
 - Potenziali correlati ad eventi (E.R.P.).
 Classe di potenziali elettrici non spontanei, 
                                    generati sia da stimoli esterni che da operazioni 
                                    compiute dal soggetto (componenti esogene/endogene).
 
 L’aspetto più importante nell’uso 
                                    delle tecniche elettrofisiologiche in ambito 
                                    neuropsicologico è quello di poter 
                                    accertare la presenza di deficit a livello 
                                    sensoriale e dissociare quindi i disturbi 
                                    interamente cognitivi da disturbi interamente 
                                    o parzialmente attribuibili al livello sensoriale.
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